sabato 30 novembre 2013

ANCORA VIDEOARTE ???

Quest'anno in ogni parte del mondo con vari festival ed appuntamenti si sono festeggiati i 50 anni della videoarte. La data dei primi esperimenti su dei televisori, come tutti ben sappiamo, risale intorno al 1963, anno in cui poi si realizza a Wuppertal in Germania la mostra Exposition of Music – Electronic television che verrà considerata la prima esposizione di videoarte. Ma dopo mezzo secolo è ancora appropriato utilizzare questo termine? Forse non lo era neppure all'inizio, visto che le prime opere sia di Paik che di Wostell erano puri esperimenti sul mezzo che trasmetteva video, ma non in realtà dei video veri e propri. Quelli arrivarono successivamente due anni dopo quando Paik compra a New York la prima telecamera portatile della Sony e espone la sua prima opera video. Nel corso del tempo la videoarte ha visto la nascita di molte esperienze collaterali che pur sempre partivano dal video ma con risultati molti diversi fra loro: videosculture, videoambienti, videoinstallazioni, installazioni interattive, teatro, performance, happening, videopoesie, videoclip, machinima, realtà virtuali. Molti ancora si interrogano cos'è la videoarte. La spiegazione con l'avvento della rete e delle nuove tecnologie digitali, per certi aspetti può essere più semplice perchè grazie alla diffusione sempre più ampia e più economicamente abbordabile dei mezzi per realizzare un video ogni giorno si parla sempre di più anche sugli abituali mass media di queste apparecchiature che almeno da un punto di vista puramente ludico sono facili da usare. Ma nonostante le interfacce siano ogni giorno di più, non c'è che l'imbarazzo della scelta, ed il numero degli utilizzatori cresca vertiginosamente, per quanto concerne il concetto di videoarte come opera d'arte, scusate il gioco di parole, non riesce ancora ad entrare nella mente di chi si occupa di arte, sia il pubblico che cosìdetti addetti ai lavori (gallerie, critici etc). Ma allora ci domandiamo: è proprio il nome che è fuorviante? A 50 anni dalla sua nascita ritengo che la videoarte debba essere individuata, ma soprattutto interpretata, come un grande contenitore contemporaneo dove artisti e pubblico si incontrano per condividere grandi e attualissimi concetti del nostro tempo, realizzati con ogni mezzo che oggi la tecnologia e perchè no anche la scienza (si potrebbe fare un lunghissimo elenco di esempi) mette oggi a disposizione. Forse sarebbe più opportuno parlare, in molte accademie già lo fanno, di culture digitali, ma penso che si rischierebbe di andare fuori rotta e dover ricominciare tutto da capo. Dobbiamo invece portare avanti il concetto di videoarte come un fenomeno in continuo aggiornamento, l'arte che nel tempo si è evoluta e trasformata più velocemente di ogni altra forma artistica. La videoarte è un'espressione che punta l'obbiettivo sul contemporaneo e lo analizza in primis. Oggi più che mai, dove tutto non scorre più a chilometri orari, ma a giga bytes la videoarte può essere il vero grande contenitore della nostra vita per stare al passo con i tempi. Perchè da sempre si è trattato di un'arte interattiva dove non può esistere la passività di colui che la fruisce, il quale dal canto suo devo solo fare un piccolo sforzo per farsi coinvolgere ed entrare in questo mondo di emozioni.
La seconda domanda che infatti molto spesso mi viene posta è: “come si osserva, ma soprattutto come si fa a capire un'opera video?”
Spesso entrando in una mostra non si ha la stessa predisposizione a soffermarsi difronte ad uno schermo come invece accade andando al cinema. E questo diciamo che è un primo scoglio che si può superare facilmente in quanto la durata di un'opera video difficilmente raggiunge quella di un film. E' invece importante partire da un altro aspetto: in un mondo che va sempre più veloce andare a visitare un'esposizione ci deve servire a fermare il nostro tempo, ad estraniarci da quello che succede fuori e anzi avvalersi dell'arte per riuscire a capire meglio la nostra contemporaneità e magari captare i suggerimenti per migliorarla. Allora quando siamo all'ingresso di un museo, di una galleria o di qualunque altro spazio espositivo, facciamo un bel respiro e concentriamoci a ricevere emozioni. Poi se ci troviamo difronte ad un quadro, ad una scultura o un video più tempo li dedichiamo e più coglieremo ogni particolare dell'opera. Come un quadro, anche un video è ricco di particolari, l'unica differenza è che nell'ultimo caso scorrono, ma spesso sono più facili da capire di quanto si pensi. In un solo frame si possono raccogliere e concentrare i messaggi più importanti della nostra vita, basta solo osservarli per capire.
Terza è ultima domanda: “ma il video ha un mercato?”
Forse la risposta più sincera ahimè è “NO”. Sono pochi gli artisti al mondo entrati a far parte del grande mercato dell'arte e la maggior parte delle volte anche i grandi nomi più che fare della propria opera un pezzo da vendere, hanno avuto invece delle commissioni per realizzarla. Per anni le gallerie hanno venduto i video a prezzi improponibili che hanno contribuito ad emarginare quest'arte. Nell'era digitale ritengo che la soluzione migliore sia quella di creare un circuito di diffusione delle video opere tale e quale a quello della musica e dei film in dvd. Tutto questo garantirebbe sicuramente una maggiore divulgazione delle opere e magari un sicuro introito agli artisti. Ma allora si potrebbe ancora abbiettare: “e se un collezionista volesse qualcosa di unico?”. Penso che anche in questo caso la soluzione sarebbe semplice: l'artista potrebbe allegare al dvd, una stampa di un frame del video, numerarla ed autografarla. L'importante è continuare a far vivere la videoarte, incentivare la produzione e contribuire alla sua diffusione in gallerie, musei, scuole, università e ogni tipo di spazio pubblico e privato. Perchè la videoarte è un'arte di tutti.


Maurizio Marco Tozzi